VIDEO: Industria 4.0 reinventa la fabbrica del futuro. Grazie ai Makers e a una buona politica industriale

Industria 4.0 ha segnato il ritorno della politica industriale in Italia. Grazie a questo piano, combinato con quello per il Made in Italy e con la strategia energetica nazionale, gli imprenditori hanno incrementato gli investimenti del 10%, l’export ha doppiato quello francese.

Industria 4.0 reinventa la fabbrica del futuro. Grazie ai Makers e a una buona politica industriale
Industria 4.0 reinventa la fabbrica del futuro. Grazie ai Makers e a una buona politica industriale

Industria 4.0 reinventa la fabbrica del futuro. Ma come?

Come ha spiegato l’esperto Francesco Seghezzi (Pdf), direttore della Fondazione Adapt, “Industria 4.0 non è una tecnologia, è un ecosistema di fattori abilitanti sia socio-tecnici che istituzionali che portano i territori nelle catene globali del lavoro“, dove la logica di filiera fornitori-azienda-clienti si basa sulla gestione dei dati, sulla personalizzazione dei prodotti/servizi, sulle nuove competenze digitali dei dipendenti. I lavoratori acquisiscono nuova centralità, grazie all’aumento della produttività: spesso sono Makers, gli artigiani digitali che abbiamo visto a Maker Faire, la fiera di Industria 4.0, come l’ha definita il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda. All’ultima edizione di Maker Faire, hanno partecipato 400 startup con 750 progetti innovativi, mostrati negli stand anche da 55 scuole e 28 università e istituti di ricerca, provenienti da 40 Paesi. L’approccio maker si è focalizzato su progetti centrati su stampa 3D, realtà virtuale (VR) e aumentata (AR), droni, musica ed energia sostenibile, in ambiti come robotica, salute, agricoltura ed alimentazione (agri-food). A proposito del settore salute digitale, Accenture stima che gli investimenti in startup dell’e-health supereranno i 7 miliardi di dollari nel 2017.

Nel 2017, secondo IDC, il mercato IT tricolore registrerà una crescita del 3,1%. I segmenti più innovativi sono in pieno boom: la componente IoT segna +16,4%; il Cognitive (+20,5%); il Cloud (+27,8%); BigData e Analytics (+20,9%) AR/VR letteralmente volano a tripla cifra (+335,6%).

Per sostenere ancora meglio Industria 4.0, si moltiplicano le iniziative. Le Camere di commercio hanno aperto un portale online, per diffondere la cultura digitale nelle Pmi. Confassociazioni coaching ha fatto convergere a Roma le associazioni professionali dedite alla formazione, una galassia di 650 mila professionisti e 340 associazioni.

Il 65,8% delle medie imprese conosce il piano Impresa 4.0 e ben 2 su 5 di queste vorrebbero avviare lo sviluppo delle tecnologie digitali per aumentare la propria efficienza. Ma urge un radicale cambiamento culturale, come dimostrano i Punti Impresa Digitale (PID) annunciati a Maker Faire da Unioncamere: i PID rappresentano una rete fisica e virtuale. Gli obiettivi sono chiari: diffusione del know-how di base su tecnologie Industria 4.0; mappatura geografica dello stato digitale delle aziende e assistenza nell’avvio di processi di digitalizzazione tramite servizi di assessment e mentoring; corsi di formazione su competenze di base nel settore digitale; orientamento verso strutture più specialistiche come i Digital Innovation Hub. Il Sistema camerale ha messo sul tavolo 116 milioni di euro, di cui il 40% destinato a un sostegno economico ai programmi di digitalizzazione messi a punto dalle imprese del proprio territorio, purché in ambito Industria 4.0.

Infine, in Italia il mercato di venture capital conta su 120 milioni di investimento, dieci volte meno che altrove: in Spagna vale un miliardo di euro, in Francia i capitali investiti sono 2 miliardi. Forse, è l’ora che assicurazioni e fondi pensione investano su questi asset class di investimenti, come suggerisce anche Massimiliano Magrini, co-fondatore di United Ventures 2, fondo di venture capital, specializzato in imprese hi-tech.

Ogni posto di lavoro creato in imprese innovative in tutti i paesi europei, ne genera almeno altri tre.

Ma per fare questo, bisogna puntare sulle competenze digitali: l’Italia, purtroppo è indietro, dal momento che solo l’8,5% dei lavoratori segue aggiornamenti professionali (contro il 10,8% della UE e il 30% di Danimarca e Svezia). In Germania sono già attivi cinque centri integrati per Industry 4.0, mentre in Italia la formazione continua arranca. Nel nostro Paese sono ancora attesi i bandi per selezionare i progetti dei Centri di Competenza integrati.

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