L’impatto del Coronavirus potrebbe essere peggiore della Grande Crisi 2008

La previsione di crescita della spesa ICT in Europa nel 2020 è stata rivista al ribasso: passa dal 2,8% all’1,4%, secondo IDC, nello scenario più probabile. Anche il mercato smartphone, già saturo e in declino da tempo, dopo la cancellazione di MWC 2020, subirà una battuta d’arresto per l’effetto della diffusione del Coronavirus: -2,3% nel 2020 con un volume delle spedizioni di poco superiore a 1,3 miliardi di unità, ma a breve l’infarto supererà il -10%. Analogamente, il rallentamento affliggerà il mercato Pc e hardware in generale. La quarantena forzata potrebbe invece imprimere una spinta ai servizi: chiusi in casa, i film on demand e le serie Tv in streaming fanno compagnia a chi è in clausura.

L'impatto del Coronavirus potrebbe essere peggiore della Grande Crisi 2008
L’impatto del Coronavirus potrebbe essere peggiore della Grande Crisi 2008

Negli USA Trump ha annunciato un programma da 800 miliardi, il governo Conte ha varato il decreto Cura Italia da 25 miliardi, in Francia Macron ha svelato un piano da 45 miliardi, la Spagna 200 miliardi di euro, spicca inoltre il dietrofront di Boris Johnson che sta procedendo a un rapido lockdown in stile italiano, dopo aver criticato le misure tricolori. La BCE mette a disposizione 109 miliardi per le banche per non interrompere il flusso dei prestiti.

L’Europa ha chiuso le frontiere esterne per un mese, anche se i cittadini dell’Unione europea devono poter tornare a casa. Il capo della IATA stima un fabbisogno di garanzie pubbliche di 150-200 miliardi di dollari per tenere in vita il settore del trasporto aereo passeggeri: si prevedono già chiusure, aggregazioni e ristrutturazioni.

Ma a far suonare il campanello d’allarme sono gli 800 miliardi messi sul tavolo da Trump, la cifra che si avvicina a quelli messi sul piatto da Barack Obama per contrastare la grande crisi del 2008-2009, appena eletto, dopo il collasso di Lehman Brothers il 15 settembre 2008. Ma questa volta potrebbe essere pure peggio.

Al momento viene ventilata l’80% di probabilità che la recessione sarà globale, ma ormai siamo sempre più vicini al punto di non ritorno. I bandi aerei, i divieti di viaggi, le quarantene sempre più estese, le chiusure dei ristoranti e dei negozi non essenziali, la chiusura degli impianti di FCA e Volkswagen: le imprese sono molto vulnerabili, i mercati, in caduta libera da giorni, mostrano segnali post-Lehman. L’indice di volatilità di Wall Street, una sorta di termometro della paura (VIX index), ha raggiunto i livelli dell’autunno 2008.

Gli analisti di UBS temono un declino globale del -0,8% quest’anno a causa della pandemia, decretata dall’OMS. Ma se gli effetti sono simili alla crisi della bolla sub-prime, il modo in cui potrebbe reagire l’intero sistema finanziario potrebbe essere differente. E si inizia a sussurrare e a prospettare uno scenario peggiore.

Secondo il Financial Stability Board, le banche sono meno esposte di allora agli hedge funds, il Tier 1 è più che raddoppiato, gli istituti bancari, dopo gli interventi di questi anni, sono più pulite e sicure: ma il debito è salito al 40%, a un livello più alto rispetto alla recessione 2009 o alla bolla Internet dello sboom delle dotcom del 2002, secondo Société Générale. Gli analisti di Merrill Lynch osservano che le aziende europee appartenenti all’indice STOXX 600 non guadagnano infatti i profitti operativi, abbastanza per coprire gli interessi. Capitolo NPL: quanti fallimenti potrebbero far precipitare i crediti buoni in deteriorati?

Quante banche poi sopravviveranno al Coronavirus? Il mercato è sotto stress, e lo si capisce dal fatto che i fondi sono scambiati a un prezzo inferiore al valore degli asset.

Le banche centrali stanno finendo le munizioni che usano da un decennio. Anche l’ex bazooka di Mario Draghi, ora passato alla gaffeur Lagarde, sembra ormai scarico.

Nel 2008 i Paesi del G20 unirono le forze per spingere la crescita ed evitare una replica della Grande Depressione del 1929, che seguì la crisi double-dip: sbloccare i crediti e promuovere la crescita furono interventi di coordinamento decisivi e risolutivi, almeno fino alla crisi dei debiti sovrani del 2011. Ma la crisi da pandemia da Coronavirus è differente. E, mentre tutti chiudono i confini e le dittature cercano di inoculare nelle fragili democrazie il fascino (in)discreto del totalitarismo, sembra tutto più cupo. Uno scenario peggiore. Allacciamo le cinture.

@CastigliMirella

Leave a Reply

Your email address will not be published.